DIETROFRONT PER LA POLIZIA LOCALE NEL NUOVO DECRETO SICUREZZA DEL GOVERNO GIALLO-VERDE



Se era intenzione estendere la possibilità agli operatori di Polizia Locale di portare l’arma fuori territorio, questo governo ha ottenuto l’esatto contrario; se invece volevano subdolamente limitarci, effettivamente ci sono riusciti benissimo.

Ovviamente mi riferisco al nuovo art. 19bis inserito all’ultimo minuto nel maxi-emendamento del “decreto sicurezza” licenziato dal Senato in questi giorni, che pubblico qui di seguito al fine di consentire a chiunque di farsi la propria idea.



Dopo averlo letto più e più volte, ho iniziato a stropicciarmi gli occhi sperando in uno scherzo o in un refuso, ma ho dovuto fare i conti con la realtà è mille domande hanno iniziato ad offuscare la mia mente (già seriamente compromessa dall’altro pasticcio del fondo Perseo).

Come verranno garantiti ora i servizi di collegamento e rappresentanza fuori territorio? 
E quelli di soccorso? 



Dal 16 agosto scorso, all’indomani del crollo del ponte che ha seminato morte e distruzione, aliquote della Polizia Locale di Milano e Torino, sono partiti alla volta di Genova in ausilio ai colleghi, costretti a turni massacranti per fronteggiare il caos viabilistico creatosi nel capoluogo ligure: saranno costretti a rientrare tutti?



I servizi elettorali, comprese le scorte alle schede fuori territorio, dovranno essere svolti da agenti disarmati?



Le esercitazioni presso i poligoni (se si trovano fuori comune) penseranno di farcele effettuare con le dita o con le pistole ad acqua?




La droga sequestrata agli spacciamorte davanti alle scuole o alle discoteche frequentate dai nostri figli, qualora debba essere portata in procura o in centri di analisi fuori territorio, ci si andrà disarmati? 




Come porteranno gli arrestati nelle aule di tribunale i colleghi che prestano servizio nelle migliaia di comandi in città non capoluogo di provincia? 

E quando dovremo eseguire un ordine di custodia cautelare (quindi fuori flagranza) come porteremo i criminali in carcere, disarmati?

Ma soprattutto, una volta terminato il servizio, qualora un collega risieda in un comune diverso da quello in cui presta servizio ed il proprio Comando, privo di una seria armeria affidi in via continuativa l’arma in dotazione personale, come farà a tornare a casa?

Ennesimo pasticcio di cui avremmo fatto volentieri a meno e che rallenta ancora una volta quel lungo e tortuoso processo per dare dignità e chiarezza di ruolo alla categoria.

Speriamo solo che, nel percorso di conversione del decreto, vi sia un ravvedimento, perché è davvero svilente continuare così!



Fabrizio Caiazza 


Milano, 9 novembre 2018


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